Gli Hotspot sono un fenomeno che si presenta tipicamente in fase di montaggio della coil e si manifesta come un accensione irregolare, localizzata in piccoli punti invece che attraverso una uniforme accensione della coil; tipicamente su una coil appena montata si vedono dei punti che si accendono prima del resto della coil. Anche il valore ohm ne viene influenzato: percorrendo un percorso più breve sulla resistenza la lettura della coil risulta molto più bassa di quanto atteso;

Un valore ohm eccessivamente basso rispetto ai valori attesi è sempre sintomo di un Hotspot!

Questo è un fenomeno quasi inevitabile, legato al wrap della coil, cioè l’avvolgimento esterno, e consiste nella creazione di “percorsi alternativi” per la corrente attraverso il wrap esterno invece che attraverso il core interno. Spesso viene confuso con una maggiore o minore qualità della coil e molte leggende sono nate dietro questo fenomeno, attribuito ad esempio a stress del filo (ma che significa?) o a coil costruite male.

La verità è che è un fenomeno legato molto di più alla complessità di una coil ed al diametro dei fili utilizzati: Banalmente, un wrap più fine o più complesso compirà più avvolgimenti attorno al core, di conseguenza ci saranno più punti di contatto che daranno origine a percorsi indesiderati, così come un wrap più complesso come il wrap interlock o stitched raddoppiano la probabilità del formarsi di hotspot.

Naturalmente anche il numero di spire incide: una bigass utilizza il doppio del materiale rispetto ad una coil “normale” e di conseguenza avrà il doppio delle possibilità di formare hotspot.

Infine, la “morbidezza” di una coil: più una coil è complessa più i diametri saranno sottili e la coil meno rigida; una coil più morbida ha più possibilità di scomporsi in fase di montaggio.

In altre parole: più una coil è pregiata, più richiederà esperienza da parte del Vaper nella rimozione degli hotspot! Vediamo le soluzioni migliori:

  1. Quando si effettuano le prime attivazioni o un dryburn, è saggio ridurre drasticamente il wattaggio: se si applicasse troppa potenza su un hotspot questo potrebbe saldarsi definitivamente rendendo impossibile la sua rimozione futura.
  2. Per rimuovere gli hotspot spesso si tende a grattare la superficie; per quanto efficace questo metodo è rischioso, sopratutto su coil costose e con wrap articolati quali staggerton, interlock, stitched ecc… La soluzione più sicura è quindi andare a separare leggermente le spire dove si formano.
  3. Prevenire è meglio che curare! Nel montare una coil sull’atomizzatore è saggio separare leggermente le gambe della coil dagli avvolgimenti con una lieve spinta con una punta di cacciavite: questo rimuoverà il primo punto di contatto indesiderato e renderà la rimozione degli hotspot più semplice.
  4. Quando si mette il cotone si potrebbe scomporre leggermente la coil, generando nuovi hotspot: una lettura del valore ohm li rivelerà prontamente. Fortunatamente se si è fatta una buona rimozione saranno di facile soluzione, e basterà dare qualche spinta alle spire verso l’esterno per ripristinare il percorso corretto.
  5. Quando si rimuove il cotone per fare il dryburn è possibile che la coil si scomponga e che sia necessario rimuovere qualche nuovo hotspot, ridurre i watt è quindi indispensabile per evitare danneggiamenti.
  6. un video vale più di mille righe, ecco quindi un rapido tutorial per rimuovere efficacemente gli hotspot:
https://youtube.com/watch?v=ROnAaci1EJY%3Fsi%3DiRxNoj1xy1NKPR01

La linea di Fused clapton in bobina da 2 mt ha segnato l’inizio della collaborazione tra l’esperienza nel coil building di Breakill’s alien lab e la cura nei dettagli e nella filiera produttiva di Suprema ratio.

Pur non essendo le prime fused clapton in bobina del mercato, la qualità dei materiali e la precisione dei bilanciamenti hanno dimostrato quanto questi dettagli incidano sulla durata e sulla resa delle coil costruite. Spesso i limiti dei macchinari con cui vengono costruite le fused clapton industriali forzano i produttori a setup sbilanciati, pesanti e poco versatili; la linea Spool vanta bilanciamenti perfetti, a partire dalla stessa materia prima dei fili singoli Suprema Ratio in commercio, vengono quindi imbobinate a mano per ridurre al minimo lo stress meccanico, ed infine viene effettuato un doppio lavaggio ad ultrasuoni, garantendo massima pulizia, durata e performance anche su un alternativa economica e versatile alle coil già pronte.

MA CHE DIFFERENZA C’E’ TRA LE SPOOLS FUSED E LE ALIEN A CATALOGO?

La Fused clapton è il modello base di coil complessa, la resa aromatica e durata della singola coil sono ridotte rispetto alle alien fused clapton. Tuttavia il formato spools le rende estremamente economiche, consentendo un ricambio più continuo della coil: una fused sempre nuova, rende meglio di una alien con 60 ml sulle spalle! Questa caratteristica le rende ideali per chi ama sperimentare o quando i liquidi sono molto carichi di residuo fisso ed incrostano velocemente le coil.

Assieme alle spools vi verrà fornita una serie di setup suggeriti, da cui prevedere la resistività in relazione a diametro e numero di spire. La resistività lineare indicata sul rocchetto può fornire alternativamente un valore OHM indicativo sulla base della lunghezza totale del filo utilizzato.


Vaporizzazione, Wicking, capillarità, viscosità

Oggi trattiamo un argomento che come sapete mi sta molto a cuore, molto semplice in realtà ma spesso controintuitivo.

Meno formule matematiche e una lettura molto più snella, ma che spero possa fare chiarezza su uno dei fenomeni più importanti del nostro settore: la capillarità.

Capillarità che influenza in primis il modo in cui effettuiamo il “wicking” cioè la cotonatura o applicazione delle mesh, ma anche il comportamento di coil complesse e supercomplesse, oltre che il funzionamento dei nostri amati RDTA e Genesis atomizer.

Come avrete capito lo scopo di questa rubrica Vape tech, è di eliminare tutti i fattori discrezionali, personali e opinabili per dare delle linee guida assolute che permettano di compiere le proprie scelte con consapevolezza.

Abbiamo visto come i diversi parametri di una coil o atomizzatore contribuiscano ad una migliore esperienza aromatica riconducendo il tutto ad un unico comun denominatore che è la gestione della temperatura: da questa deriva una buona o cattiva risposta aromatica, e anche la capillarità, oltre a rifornire di liquido le nostre coil, contribuisce enormemente, seconda solo all’airflow come capacità di moderare la temperatura del sistema.

E’ noto a tutti come l’acqua non supera i 100° quando bolle, questo è un fenomeno fisico noto come punto di ebollizione: Quando il nostro liquido viene riscaldato dalla resistenza le molecole acquistano energia cinetica e alla T di ebollizione la maggior parte delle molecole ha abbastanza energia per superare le forze di coesione (attrazione tra molecole) e evaporare. l’energia fornita al sistema è utilizzata per rompere i legami intermolecolari piuttosto che aumentare la temperatura. Questo è noto come calore latente di vaporizzazione. 

Interessante notare che il nostro liquido è una miscela di varie molecole, la cui componente “aromatica” non è trascurabile nel determinare il punto di ebollizione, anche perchè in generale, la temperatura di ebollizione di una miscela non è semplicemente la media aritmetica delle temperature di ebollizione dei componenti, ma dipende dalle proporzioni e dalle caratteristiche chimiche di ciascun componente.

ma per i nostri interessi e non dilungarci troppo, possiamo stimare questa T di una miscela 50/50 senza aromi intorno ai 200°C

prima che lo domandiate: Sì, durante l’ebollizione di una miscela di glicole propilenico e glicerina, al di sotto dei 200° può avvenire una separazione dei due componenti. Il glicole propilenico evaporerà per primo, seguito dalla glicerina a temperature più alte. ma in realtà per diverse ragioni che non tratteremo, in primis l’applicazione di T maggiori, questo fenomeno è trascurabile.

Perchè questa introduzione se il fulcro è la capillarità? perchè se anche per brevissime frazioni di secondo, o per alcune porzioni di superficie la nostra resistenza non viene costantemente moderata nella T dal liquido, l’equilibiro termico viene immediatamente rotto superando le T desiderate e andando a compromettere la nostra amata gestione della T! 

la capillarità è il fenomeno fisico per cui un liquido risale o scende all’interno di pazi piccoli, senza l’influenza di forze esterne significative come la gravità. Questo fenomeno è il risultato delle interazioni tra le forze di coesione (attrazione tra le molecole del liquido) e le forze di adesione (alle pareti del capillare).

se vediamo la formula che descrive la capillarità:

h=2γcosθ​ / ρgr

possiamo velocemente discernere cosa la favorisce e cosa invece la frena:

la favoriscono:

γ\gamma è la tensione superficiale del liquido, (NB la glicerina ha maggior γ rispetto a H2O)

θ\theta è l’angolo di contatto tra il liquido e la superficie del capillare, Quando θ\thetaθ è 0°, il suo coseno assume il valore massimo (1) il che significa che liquido aderisce perfettamente alle pareti del capillare, massimizzando la risalita capillare grazie alla massima efficienza delle forze di adesione rispetto alle forze di coesione.

ρ\rho è la densità del liquido, (non la viscosità attenzione! la glicerina ha maggiore densità)

g è l’accelerazione dovuta alla gravità (se deve risalire es rdta)

r è il raggio del capillare.

le cose su cui vorrei soffermarmi sono due: in primis la questione della densità:

infatti è facile farsi ingannare dalla viscosità del nostro liquido e supporre che questa incida sulla capillarità, questo in realtà non avviene, infatti come vediamo dalla formula la viscosità non ha alcun effetto sulla capillarità, lo ha invece la densità, banalmente: pesa di più! Questo fenomeno è contemporaneamente contrastato dalla maggiore tensione superificiale, infatti i due liquidi possono mostrare un comportamento capillare simile. Ovviamente più lungo è il percorso in altezza e più sarà difficile per il liquido risalire perche ad un certo punto il peso del liquido, cioè “g” sarà in equilibrio con γ la tensione superficiale. 

arriviamo al punto, che ne dite? 

il punto R per diana

r è il raggio del capillare.

questa benedetta formula una volta per tutte ci dice che più il raggio del capillare è grande è minore è l’altezza che il nostro liquido sarebbe in grado di raggiungere!

in altre parole, la capillarità predilige canali piccoli e non grandi:

come si traduce nel nostro mondo? 

  • ad esempio che un rdta funziona meglio se le nostre “mesh” o cavetti sono composte da fili molto sottili
  • che un wrap o un core di una coil complessa composto da fili molto sottili o che genera spazi molto ristretti (es ribbon stacked) conduce il liquido molto più velocemente (ecco perchè sono generalmente più aromatiche, anche se il volume capillare totale può risultare inferiore rispetto a coil composte da fili più grossi).
  • che una cotonatura estremamente densa conduce MEGLIO il nostro liquido!

A queste analisi va tuttavia aggiunto un fattore fondamentale, che non riguarda la capillarità direttamente ma che influenza drasticamente la resa dei nostri atomizzatori e che può facilmente neutralizzare ogni buona pratica: Quando il liquido passa dall’atomizzatore al cotone, contemporaneamente dell’aria deve entrare nel serbatoio, altrimenti la depressione all’interno dello stesso impedirebbe l’uscita di ulteriore liquido! 

Questo implica che se all’interno della coil è indispensabile avere una buona densita, è altrettanto indispensabile dare un minimo di spazio di “respiro” nelle vaschette da cui il liquido viene pescato o sui gocciolatoi. In altre parole intoppare completamente il punto da cui il liquido fluisce impedirebbe completamente il flusso del liquido in maniera molto più drastica di tutti i vantaggi ottenuti con un buon wicking!


Dalla fusione tra i marchi Breakill’s alien lab e Suprema ratio coil building supplies, nasce un nuovo portale dedicato interamente alla rigenerazione dei vostri atomizzatori.

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