Gli Hotspot sono un fenomeno che si presenta tipicamente in fase di montaggio della coil e si manifesta come un accensione irregolare, localizzata in piccoli punti invece che attraverso una uniforme accensione della coil; tipicamente su una coil appena montata si vedono dei punti che si accendono prima del resto della coil. Anche il valore ohm ne viene influenzato: percorrendo un percorso più breve sulla resistenza la lettura della coil risulta molto più bassa di quanto atteso;

Un valore ohm eccessivamente basso rispetto ai valori attesi è sempre sintomo di un Hotspot!

Questo è un fenomeno quasi inevitabile, legato al wrap della coil, cioè l’avvolgimento esterno, e consiste nella creazione di “percorsi alternativi” per la corrente attraverso il wrap esterno invece che attraverso il core interno. Spesso viene confuso con una maggiore o minore qualità della coil e molte leggende sono nate dietro questo fenomeno, attribuito ad esempio a stress del filo (ma che significa?) o a coil costruite male.

La verità è che è un fenomeno legato molto di più alla complessità di una coil ed al diametro dei fili utilizzati: Banalmente, un wrap più fine o più complesso compirà più avvolgimenti attorno al core, di conseguenza ci saranno più punti di contatto che daranno origine a percorsi indesiderati, così come un wrap più complesso come il wrap interlock o stitched raddoppiano la probabilità del formarsi di hotspot.

Naturalmente anche il numero di spire incide: una bigass utilizza il doppio del materiale rispetto ad una coil “normale” e di conseguenza avrà il doppio delle possibilità di formare hotspot.

Infine, la “morbidezza” di una coil: più una coil è complessa più i diametri saranno sottili e la coil meno rigida; una coil più morbida ha più possibilità di scomporsi in fase di montaggio.

In altre parole: più una coil è pregiata, più richiederà esperienza da parte del Vaper nella rimozione degli hotspot! Vediamo le soluzioni migliori:

  1. Quando si effettuano le prime attivazioni o un dryburn, è saggio ridurre drasticamente il wattaggio: se si applicasse troppa potenza su un hotspot questo potrebbe saldarsi definitivamente rendendo impossibile la sua rimozione futura.
  2. Per rimuovere gli hotspot spesso si tende a grattare la superficie; per quanto efficace questo metodo è rischioso, sopratutto su coil costose e con wrap articolati quali staggerton, interlock, stitched ecc… La soluzione più sicura è quindi andare a separare leggermente le spire dove si formano.
  3. Prevenire è meglio che curare! Nel montare una coil sull’atomizzatore è saggio separare leggermente le gambe della coil dagli avvolgimenti con una lieve spinta con una punta di cacciavite: questo rimuoverà il primo punto di contatto indesiderato e renderà la rimozione degli hotspot più semplice.
  4. Quando si mette il cotone si potrebbe scomporre leggermente la coil, generando nuovi hotspot: una lettura del valore ohm li rivelerà prontamente. Fortunatamente se si è fatta una buona rimozione saranno di facile soluzione, e basterà dare qualche spinta alle spire verso l’esterno per ripristinare il percorso corretto.
  5. Quando si rimuove il cotone per fare il dryburn è possibile che la coil si scomponga e che sia necessario rimuovere qualche nuovo hotspot, ridurre i watt è quindi indispensabile per evitare danneggiamenti.
  6. un video vale più di mille righe, ecco quindi un rapido tutorial per rimuovere efficacemente gli hotspot:
https://youtube.com/watch?v=ROnAaci1EJY%3Fsi%3DiRxNoj1xy1NKPR01

La linea di Fused clapton in bobina da 2 mt ha segnato l’inizio della collaborazione tra l’esperienza nel coil building di Breakill’s alien lab e la cura nei dettagli e nella filiera produttiva di Suprema ratio.

Pur non essendo le prime fused clapton in bobina del mercato, la qualità dei materiali e la precisione dei bilanciamenti hanno dimostrato quanto questi dettagli incidano sulla durata e sulla resa delle coil costruite. Spesso i limiti dei macchinari con cui vengono costruite le fused clapton industriali forzano i produttori a setup sbilanciati, pesanti e poco versatili; la linea Spool vanta bilanciamenti perfetti, a partire dalla stessa materia prima dei fili singoli Suprema Ratio in commercio, vengono quindi imbobinate a mano per ridurre al minimo lo stress meccanico, ed infine viene effettuato un doppio lavaggio ad ultrasuoni, garantendo massima pulizia, durata e performance anche su un alternativa economica e versatile alle coil già pronte.

MA CHE DIFFERENZA C’E’ TRA LE SPOOLS FUSED E LE ALIEN A CATALOGO?

La Fused clapton è il modello base di coil complessa, la resa aromatica e durata della singola coil sono ridotte rispetto alle alien fused clapton. Tuttavia il formato spools le rende estremamente economiche, consentendo un ricambio più continuo della coil: una fused sempre nuova, rende meglio di una alien con 60 ml sulle spalle! Questa caratteristica le rende ideali per chi ama sperimentare o quando i liquidi sono molto carichi di residuo fisso ed incrostano velocemente le coil.

Assieme alle spools vi verrà fornita una serie di setup suggeriti, da cui prevedere la resistività in relazione a diametro e numero di spire. La resistività lineare indicata sul rocchetto può fornire alternativamente un valore OHM indicativo sulla base della lunghezza totale del filo utilizzato.


Vaporizzazione, Wicking, capillarità, viscosità

Oggi trattiamo un argomento che come sapete mi sta molto a cuore, molto semplice in realtà ma spesso controintuitivo.

Meno formule matematiche e una lettura molto più snella, ma che spero possa fare chiarezza su uno dei fenomeni più importanti del nostro settore: la capillarità.

Capillarità che influenza in primis il modo in cui effettuiamo il “wicking” cioè la cotonatura o applicazione delle mesh, ma anche il comportamento di coil complesse e supercomplesse, oltre che il funzionamento dei nostri amati RDTA e Genesis atomizer.

Come avrete capito lo scopo di questa rubrica Vape tech, è di eliminare tutti i fattori discrezionali, personali e opinabili per dare delle linee guida assolute che permettano di compiere le proprie scelte con consapevolezza.

Abbiamo visto come i diversi parametri di una coil o atomizzatore contribuiscano ad una migliore esperienza aromatica riconducendo il tutto ad un unico comun denominatore che è la gestione della temperatura: da questa deriva una buona o cattiva risposta aromatica, e anche la capillarità, oltre a rifornire di liquido le nostre coil, contribuisce enormemente, seconda solo all’airflow come capacità di moderare la temperatura del sistema.

E’ noto a tutti come l’acqua non supera i 100° quando bolle, questo è un fenomeno fisico noto come punto di ebollizione: Quando il nostro liquido viene riscaldato dalla resistenza le molecole acquistano energia cinetica e alla T di ebollizione la maggior parte delle molecole ha abbastanza energia per superare le forze di coesione (attrazione tra molecole) e evaporare. l’energia fornita al sistema è utilizzata per rompere i legami intermolecolari piuttosto che aumentare la temperatura. Questo è noto come calore latente di vaporizzazione. 

Interessante notare che il nostro liquido è una miscela di varie molecole, la cui componente “aromatica” non è trascurabile nel determinare il punto di ebollizione, anche perchè in generale, la temperatura di ebollizione di una miscela non è semplicemente la media aritmetica delle temperature di ebollizione dei componenti, ma dipende dalle proporzioni e dalle caratteristiche chimiche di ciascun componente.

ma per i nostri interessi e non dilungarci troppo, possiamo stimare questa T di una miscela 50/50 senza aromi intorno ai 200°C

prima che lo domandiate: Sì, durante l’ebollizione di una miscela di glicole propilenico e glicerina, al di sotto dei 200° può avvenire una separazione dei due componenti. Il glicole propilenico evaporerà per primo, seguito dalla glicerina a temperature più alte. ma in realtà per diverse ragioni che non tratteremo, in primis l’applicazione di T maggiori, questo fenomeno è trascurabile.

Perchè questa introduzione se il fulcro è la capillarità? perchè se anche per brevissime frazioni di secondo, o per alcune porzioni di superficie la nostra resistenza non viene costantemente moderata nella T dal liquido, l’equilibiro termico viene immediatamente rotto superando le T desiderate e andando a compromettere la nostra amata gestione della T! 

la capillarità è il fenomeno fisico per cui un liquido risale o scende all’interno di pazi piccoli, senza l’influenza di forze esterne significative come la gravità. Questo fenomeno è il risultato delle interazioni tra le forze di coesione (attrazione tra le molecole del liquido) e le forze di adesione (alle pareti del capillare).

se vediamo la formula che descrive la capillarità:

h=2γcosθ​ / ρgr

possiamo velocemente discernere cosa la favorisce e cosa invece la frena:

la favoriscono:

γ\gamma è la tensione superficiale del liquido, (NB la glicerina ha maggior γ rispetto a H2O)

θ\theta è l’angolo di contatto tra il liquido e la superficie del capillare, Quando θ\thetaθ è 0°, il suo coseno assume il valore massimo (1) il che significa che liquido aderisce perfettamente alle pareti del capillare, massimizzando la risalita capillare grazie alla massima efficienza delle forze di adesione rispetto alle forze di coesione.

ρ\rho è la densità del liquido, (non la viscosità attenzione! la glicerina ha maggiore densità)

g è l’accelerazione dovuta alla gravità (se deve risalire es rdta)

r è il raggio del capillare.

le cose su cui vorrei soffermarmi sono due: in primis la questione della densità:

infatti è facile farsi ingannare dalla viscosità del nostro liquido e supporre che questa incida sulla capillarità, questo in realtà non avviene, infatti come vediamo dalla formula la viscosità non ha alcun effetto sulla capillarità, lo ha invece la densità, banalmente: pesa di più! Questo fenomeno è contemporaneamente contrastato dalla maggiore tensione superificiale, infatti i due liquidi possono mostrare un comportamento capillare simile. Ovviamente più lungo è il percorso in altezza e più sarà difficile per il liquido risalire perche ad un certo punto il peso del liquido, cioè “g” sarà in equilibrio con γ la tensione superficiale. 

arriviamo al punto, che ne dite? 

il punto R per diana

r è il raggio del capillare.

questa benedetta formula una volta per tutte ci dice che più il raggio del capillare è grande è minore è l’altezza che il nostro liquido sarebbe in grado di raggiungere!

in altre parole, la capillarità predilige canali piccoli e non grandi:

come si traduce nel nostro mondo? 

  • ad esempio che un rdta funziona meglio se le nostre “mesh” o cavetti sono composte da fili molto sottili
  • che un wrap o un core di una coil complessa composto da fili molto sottili o che genera spazi molto ristretti (es ribbon stacked) conduce il liquido molto più velocemente (ecco perchè sono generalmente più aromatiche, anche se il volume capillare totale può risultare inferiore rispetto a coil composte da fili più grossi).
  • che una cotonatura estremamente densa conduce MEGLIO il nostro liquido!

A queste analisi va tuttavia aggiunto un fattore fondamentale, che non riguarda la capillarità direttamente ma che influenza drasticamente la resa dei nostri atomizzatori e che può facilmente neutralizzare ogni buona pratica: Quando il liquido passa dall’atomizzatore al cotone, contemporaneamente dell’aria deve entrare nel serbatoio, altrimenti la depressione all’interno dello stesso impedirebbe l’uscita di ulteriore liquido! 

Questo implica che se all’interno della coil è indispensabile avere una buona densita, è altrettanto indispensabile dare un minimo di spazio di “respiro” nelle vaschette da cui il liquido viene pescato o sui gocciolatoi. In altre parole intoppare completamente il punto da cui il liquido fluisce impedirebbe completamente il flusso del liquido in maniera molto più drastica di tutti i vantaggi ottenuti con un buon wicking!


INTRODUZIONE: ALLA RICERCA DEL GUSTO

In questa rubrica avremo il piacere di approfondire alcuni aspetti che determinano la resa aromatica delle coil, siano esse a filo singolo o complesse, andando però ad analizzare gli aspetti tecnici chimici e fisici, riducendo al minimo ciò che è legato a suggestioni ed impressioni. Ci baseremo quindi su tutto ciò che è parametrico, effettivamente misurabile e verificabile;

Cercando di identificare cosa rende una coil, sia essa di un atom a testine o rigenerabile, più performante possiamo identificare tre pregi:

  • vaporosita: cioè quanto vapore produce una coil.
  • intensità aromatica e hit: strettamente legati tra loro, e dipendenti direttamente dalla vaporosità.
  • definizione aromatica: cioè la capacità di identificare e separare tutte le note aromatiche

Non credo sia necessario andare ad approfondire cosa significhi vaporosità o hit, invece è necessario andare un po più a fondo per quanto riguarda il concetto di flavor o aromaticità, e vale la pena prendere questo argomento alla radice:

La percezione del gusto e profumo di determinate sostanze è determinata dall’interazione di determinati composti chimici con i nostri recettori, quali papille gustative ma soprattutto le cellule olfattive, difatti i sensi di gusto ed olfatto sono strettamente legati tra loro.

Possiamo da subito renderci conto di un dettaglio non trascurabile: da un lato abbiamo una scienza parametrica che si occupa della costruzione degli aromi, ma in controparte c’è un sistema biologico variabile ed estremamente personale: la frase “ognuno ha i suoi gusti” non è solo un modo di dire legato a preferenze personali, ma proprio biologicamente ognuno sviluppa una certa sensibilità a diverse note, e questa sensibilità non è generale ma specifica per ogni determinato composto.

Abbiamo visto “cosa” percepisce i gusti e odori, ma non “chi” ne è la sorgente, o meglio abbiamo detto genericamente “delle molecole”.

Le molecole responsabili degli odori e sapori sono di varie tipologie: composti aromatici propriamente detti (es vanillina), terpeni (come pinene e limonene), fenoli e alcoli (tipicamente legati ad aromi floreali), aldeidi (cannella), chetoni, esteri e chi più ne ha più ne metta…esiste una vera e propria scienza legata alla costruzione e ricostruzione dei profumi ed aromi chiamata appunto aromateria o profumeria.

In questa scienza ci si riferisce alle fragranze in termini di “note” riferendosi all’impressione aromatica che si sviluppa, in particolare si parla di note di testa, cuore e coda:

Le note di testa sono sono le prime che si percepiscono. tipicamente legate a molecole leggere e volatili che evaporano rapidamente. Forniscono l’impatto immediato di una fragranza e contribuiscono spesso al suo senso di “freschezza”, sono gli “spigoli” della nostra “forma”. Esempi sono note erbacee, agrumate e floreali.

Una volta che che le note di testa sono evaporate o degradate. arriva il nucleo della fragranza, cioè le note di cuore, legato a molecole più complesse e durature delle note di testa. Determinano il carattere principale e la personalità di una fragranza, fungendo da ponte tra le note di testa e di base. tipicamente note speziate, fruttate.

Infine si arriva alle note di coda o di base, cioè la fase finale di un aroma. Di solito sono molecole ricche e pesanti con bassa volatilità, il che significa che evaporano lentamente. Le note di base forniscono profondità e calore e ancorano l’intera composizione. tipicamente note legnose o speziate come anche la vaniglia.

CALORE, REATTIVITA’ E SEPARAZIONE AROMATICA

Perchè ci interessa tutto questo e come incide su cio che avviene nei nostri atomizzatori?

Nei nostri atomizzatori riscaldiamo a temperatura tutto sommato controllata il nostro liquido aromatizzato: il calore influenza l’espressione delle diverse note aromatiche e l’esito complessivo dell’esperienza.

Il calore aumenta il tasso di evaporazione delle molecole aromatiche, cioè aumenta la vaporosità, tuttavia, un calore eccessivo o raggiunto troppo rapidamente può anche causare la dissipazione troppo rapida di alcune delicate note di testa alterando l’equilibrio, cosi come anche le note di cuore prediligono un calore moderato per esprimere la massima complessità. Le note di coda sono invece più resistenti e adeguate a temperature maggiori.

Siamo arrivati al punto della questione, abbiamo gli strumenti per capire COSA ricercare da una coil “perfetta”: la massima potenza applicabile, con il massimo rispetto di tutte le note; 

Diventa evidente che se una coil è troppo reattiva, e raggiunge temperature troppo elevate troppo rapidamente, inibisce l’espressione delle note di testa e alcune note di cuore, trasformando un liquido complesso in una pasta informe dolciastra.

Di contro, una coil troppo fresca potrebbe non esprimere a sufficienza le note di coda; 

la strategia ideale risulta quindi essere un riscaldamento o ramp up graduale che raggiunga una temperatura consistente.

Abbiamo capito che il ramp up è cruciale per preservare tutte le note, abbiamo “equalizzato” nel migliore dei modi il nostro Hi-Fi aromatico, ora vogliamo …. volume! 

L’aumento della vaporosità è probabilmente il primo dei parametri ricercati, fonte di grande soddisfazione. La prima cosa che il neo-vaper chiede è: come faccio a fare più vapore?

Per ottenerlo sarebbe facile pensare che sia sufficiente alzare la potenza, ma se alzassimo semplicemente la potenza aumenteremmo solo il calore, abbiamo bisogno quindi di aumentare anche la superficie di evaporazione. 

Ottenere una maggiore superficie mantenendo l’equilibrio termico necessario ad esprimere tutte le note aromatiche richiede che questa superficie abbia una superficie sufficiente a gestire la potenza fornita e quindi….è giunto il momento di abbandonare la chimica, ed inoltrarci un attimo nella fisica delle coil!

CENNI DI TERMODINAMICA: EFFETTO JOULE E FLUSSO DI CALORE

Dal primo giorno in cui abbiamo iniziato a svapare ci hanno istruito sulla legge di ohm, importatissima per capire la relazione tra intensità di corrente, volt e ohm e sebbene sia cruciale, è davvero inutile da sola nel determinare l’efficienza e l’efficacia di una coil: immaginiamo una coil da un ohm per svapare a 14 watt, tutto quadra giusto?

ma se è ottenuta con 20 spire su punta da 3 di 20 ga ka a1….non funzionerà mai! perchè? 

perchè la massa è troppo elevata per le potenze espresse e richieste dal nostro sistema! 

Stiamo per addentrarci nella tana del bianconiglio, e se quanto ho detto sopra vi sembra scontato, vi renderete conto di quanto spesso questo concetto non viene applicato:

per capire a fondo il problema occorre utilizzare un altro strumento: la legge di Joule e l’effetto joule:

Q=I2 ×R×t

Dove:

Q rappresenta il calore prodotto, misurato in joule (J).

I rappresenta la corrente che scorre attraverso il conduttore, misurata in ampere (A).

R rappresenta la resistenza del conduttore, misurata in ohm Ω

t rappresenta la durata temporale per cui scorre la corrente, misurata in secondi (s).

Questa equazione rappresenta il calcolo del calore generato (in joule) quando una corrente elettrica (in ampere) scorre attraverso un conduttore con una certa resistenza (in ohm) per una specifica durata temporale (in secondi). 

Noterete che la massa non compare in questa equazione, ma è necessario capire cosa succede se a parità di quantità di calore cioè a parità di joule prodotti, questi sono applicati su una massa più elevata o meno elevata.

A determinare questa relazione è l’heat flux, o flusso di calore, ed è la formula che mette in relazione il calore prodotto, con la superficie su cui viene applicata. Matematicamente, il flusso di calore è definito con la lettera 𝑞 misurato in watt per metro quadrato 

𝑞=𝑄/𝐴⋅𝑡

Q è la quantità di calore trasferita, misurata in joule (J).

A è l’area superficiale attraverso la quale avviene il trasferimento di calore, misurata in metri quadrati

t è la durata temporale durante la quale avviene il trasferimento di calore, misurata in secondi (s).

è generalmente accettato che un buon heat flux sta tra i 150 e 300 mw/mm2 ma naturalmente è soggettivo e non prende in considerazione gli ultimi e ancor più importanti fattori: la quantità di aria che entra nel sistema a moderare la temperatura, e la moderazione di temperatura da parte del liquido.

Per ora ci interessa trovare la relazione  tra superficie della coil e potenza applicata: vi risparmio i banali passaggi matematici, uniamo la legge di joule, la legge di ohm e l’heat flux e otteniamo:

q=P/A

Se riguardiamo un secondo la formula, notiamo una cosa interessante: ai fini della quantità di calore, gli ohm (in un sistema regolato), non hanno rilevanza sulla termodinamica del sistema! ciò che incide invece, è la superficie e la potenza applicata! Ovviamente se si entra nel mondo del meccanico, la questione richiede di considerare il valore ohm per pttenere la potenza desiderata, ma non cambia il fulcro della questione, cioè che se una coil in nostro possesso risulta poco energica e reattiva per i nostri gusti, o ha troppa superficie, e indipendentemente dal suo valore ohm, è necessario ridurre la massa, o è necessario applicare potenze maggiori.

Riassumendo, una coil ideale dovrebbe essere reattiva ma graduale e che raggiunga la temperatura ideale per tutte le note del bouqet aromatico. Ora sappiamo che per ottenere questo occorre un preciso equilibrio tra superificie e potenza applicata. 

La formula ottenuta ci permette di capire che per aumentare la vaporosità rispettando tutte le note, occorre aumentare la superficie, mantenendo un equilibrio con i watt. Non ci serve in realtà una coil necessariamente più bassa di ohm, ma con una maggiore superficie! ovviamente le due cose sono legate, ed entrano in gioco fattori quali lo stress alle batterie e la loro durata ma non è oggi il giorno in cui ci occuperemo di questo.

L’IMPATTO DELLE COIL COMPLESSE SULLA RESA AROMATICA

Siamo arrivati alla fine del nostro banchetto, è l’ora del dolce.

A un certo punto dell’evoluzione del mondo dei rignerabili, una volta entrati nel cloud chasing, si è cercato di ottenere sempre più superficie, sono nati quindi fili piatti, ma sebbene aumentassero la superficie in termini di larghezza, in termini assoluti, diciamo di massa, era difficile ottenere un bilanciamento in quanto le coil erano troppo larghe e troppo veloci.

si è iniziato quindi a fare parallel coil, che sfruttando la resistenza in parallelo ottenevano un equilibrio superiore tra superficie e potenza applicata, si è iniziato a twistare i fili assieme, prima due, poi tre, e si è scoperta una cosa molto interessante: twistando il filo, la performance era molto migliore, perchè? 

qui entra in gioco la nostra amica capillarita: twistando i fili tra loro si andavano a creare dei canali che distribuivano il liquido non solo su un lato della resistenza, ma anche all’interno e lungo tutto il percorso, andando a moderare costantemente la temperatura…le sperimentazioni sono proseguite ad opera di un personaggio ben noto blueeyedgoon85 creatore delle prime vere complex coil, clapton, fused clapton, alien, staggered ecc ecc…

cosa succede in queste coil? viene creata una capillarità interna alla resistenza, il cui ruolo, la cui capacità di preservare ed esprimere tutto il bouquet aromatico di cui abbiamo parlato all’inizio è essenzialmente legata a questa capacità di moderare costantemente la temperatura ed aumentare la superficie di evaporazione espandendola dalle due dimensioni iniziali del singolo canale centrale della resistenza a filo singolo, alle tre dimensioni di tutti i microcanali interni creati di wrap e core complessi.

c’è un altro fattore a questo punto che va a cambiare completamente le regole del gioco, cioè il fatto di avere un wrap, che pur non apportando cambiamenti alla resistenza, li apporta alla massa: l’equilibrio tra superficie e watt va quindi ricalcolato.

cosa vuol dire? vuol dire che a seconda del tipo di wrap e della sua dimensione otterremo diverse capillarità e superficie.

l’equilibrio tra spessore del wrap e dei core è cruciale, più esso è sottile e più sarà facile ottenere coil performanti, che senza bisogno di eccessive potenze riescono a raggiungere la temperatura ideale. 

Anche il numero di spire totali diventa importante, devono essere abbastanza da equilibrare la velocità di accensione con la potenza applicata, e se si è in meccanico anche col valore ohm necessario ad esprimere i watt che desideriamo.

prima di entrare nel mondo del custom coil e concludere questo approfondimento, ci tengo a fare una rapida analisi sul perche le mesh coil stanno funzionando cosi bene sulle testine, e cosi male su atomizzatori “ rigenerabili” 

l’intento di sfruttare la capillarità della mesh si scontra con una superficie oggettivamente ridicola, che si scalda a velocità incredibili, pertanto inadatte a potenze elevate, ma straordinarimente efficienti a potenze ridotte. Tuttavia l’intensità aromatica, la separazione aromatica e l’hit non vengono aumentate, perche per farlo, occorre aumentare la potenza accompagnandola alla massima superficie ed airflow.

Qui, entrano in gioco le coil complesse, una strategia completamente diversa per ottenere la massima efficienza aromtica (invece che energetica). 

facciamo una breve analisi punto per punto, riassumendo in poche parole: cosa cambia tra una clapton, una fused, una alien ed una staggered? Principalmente la quantità di wrap utilizzato, e il numero di canali interni:

  • una clapton singola apporta solo capillarità esterna e poca massa aggiuntiva, si possono applicare pochi watt in più
  • una fused aggiunge un canale interno, che riesce a moderare ulteriormente la temperatura: più il wrap è spesso, maggiore sarà la necessità di energia per attivare correttamente la coil.
  • una alien aumenta ancora di più la capillarità esterna, di circa ⅓ rispetto a una fused di pari core
  • una staggered complica ancora di più le cose, in quanto il tipo di wrap apporta si molta più capillarità, ma anche più massa: per questo di solito il mondo staggered riesce a dare davvero il meglio quando le potenze applicate diventano consistenti, in modo da compensare e bilanciare la massa, e sfruttare a pieno la capillarità.

grazie a quanto abbiamo visto all’inizio, e individuato cosa determina la resa aromatica di una coil diventa incredibilmente facile giudicare una coil per quanto essa possa essere complessa, ma c’è un ultimo fattore, controintuitivo:

Sembrerebbe a questo punto che maggiore è Il volume degli spazi vuoti in cui si esprime la capillarità, e migliore è la performance, tuttavia la capillarità ha una prerogativa: si esprime al suo meglio se percorre spazi più ristretti:

infatti, una fused 2 core possiede maggiore volume “vuoto” di una stapled di pari dimensioni, (composta al suo interno da ribbon), eppure la resa aromatica è nettamente inferiore, come mai? 

Per due ragioni: primo, la superficie di vaporizzazione non coincide con il volume dei canali interni, anzi! una capillarità distribuita su spazi molto piccoli è sempre più efficiente e fornisce una maggiore superificie di evaporazione. 

Se la capillarità deve esprimersi su canali troppo larghi non è sufficientemente rapida da rifornire di liquido la superficie della coil, che quindi raggiungerà T temporaneamente più elevate, con conseguente evaporazione esplosiva ed intermittente. Tipicamente questo risulta in un tipico scoppiettio, ne più ne meno che l’aria intrappolata all’interno dei canali nei frammenti di secondo in cui non viene moderata dal liquido, che riscaldandosi esplode all esterno del wrap, creando poi una depressione che richiama altro liquido e cosi via, con una tipica vaporizzazione che enfatizza molto le note di coda ma spesso non riesce a preservare le note di testa, mantenendo sempre una elevata temperatura superficiale.

Per oggi è tutto, è stato un viaggio lungo ma spero interessante in questo fantastico mondo!


La chiave per il successo è legata sempre al bilanciamento perfetto di coil, atomizzatore e liquido! Ogni coil ha le sue caratteristiche specifiche, che possono essere riassunte velocemente in poche parole. C’è molta differenza di esigenza tra un MTL ristretto con estratti naturali organici ed un vaping di guancia arioso con cremosi o fruttati!

La grande regola rimane: coil più semplici per liquidi semplici, coil più complesse per i liquidi più ricchi di sfumature. Anche se una limited edition avrà sempre una marcia in più, questi vantaggi potrebbero essere minimi con liquidi poco strutturati e non giustificherebbero il costo, conviene puntare a varianti meno elaborate! Viceversa, se stai cercando una resa specifica (es molto secca per tabacchi o molto separata per fruttati in RDL), scegliere un compromesso potrebbe non darti ciò che ricerchi.

Questo schema riassume in poche parole perchè scegliere una variante piuttosto che l’altra, ma per un approfondimento completo suggeriamo sempre di sfogliare il catalogo con la descrizione completa della coil.

lo puoi scaricare dal link qui sotto:

https://shop.breakill.com/wp-content/uploads/2024/09/CAT_24_ITA_WEB.pdf


Dalla fusione tra i marchi Breakill’s alien lab e Suprema ratio coil building supplies, nasce un nuovo portale dedicato interamente alla rigenerazione dei vostri atomizzatori.

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